APTICA


APTICA
APORIE_part 2
 
[in progress] 

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a DEHORS/AUDELA project
concept Salvatore Insana, Elisa Turco Liveri 
choreography Elisa Turco Liveri 
with Alice Ruggero, Andrea Sassoli, Cecilia Ventriglia, Chiara Marolla
visual and sound score Salvatore Insana 
co-production Gruppo e-Motion, Florian Meteatro, Dracma, Festival Teatri di Vetro 
with the support in residency of  Centro nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni/Bando Abitante; Armunia; Mediterrean Dance Center, Zagreb; Fienile Fluò






Aptica è il secondo frammento del progetto Aporie, nato nel 2019 grazie al sostegno del CNDC La Briqueterie di Parigi. È il frutto di una serie di esperimenti, adattamenti e sospensioni temporali, che hanno attraversato diversi luoghi e formati (Armunia, Teatri di Vetro, Florian Meta-Teatro, Anghiari Dance Hub). 
Superfici, ovvero luoghi in cui avviene il contatto, possibili interfacce di pubblica intimità, ma anche strumenti concettuali per comprendere il posto della materialità nel nostro presente. 
Con Aptica1 proviamo a collocarci nello spazio infrasottile2 tra pelle e abito, il tessuto che separa e contemporaneamente connette, dissolvendo la distinzione tra interno ed esterno, a favore di uno spazio condivisibile e comunitario.
Una materialità che non riguarda i materiali ma la sostanza delle relazioni che ospita e di cui sedimenta le tracce. La superficie come mutevole deposito di narrazioni visive. Percezione aptica, pelle, abito, ma anche pudore, sono qui elementi votati ad una possibile riattivazione delle sfera alogica della coscienza, quel trattenersi e saper sostare nell'erotismo del dondolio.
Condizione fondamentale all’origine del pudore è un certo “squilibrio”, dato dalla compresenza di direzioni opposte, un ingorgo di pulsioni e un conseguente andamento oscillatorio. Le increspature della texture dell'abito trattengono il ritmo interiore avvicinandosi ad una pausa non immobile, per osservare quali forme, quali corpi, possano generarsi.

1La percezione aptica è il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto. La percezione aptica deriva dalla combinazione tra la percezione tattile data dagli oggetti sulla superficie della pelle e la propriocezione che deriva dalla posizione del corpo rispetto all'oggetto.

2. la nozione duchampiana di inframince, infrasottile, indica innanzitutto ciò è all'estremo della percezione, del discernibile, della differenza, ma senza essere né l'invisibile, né l'indiscernibile, né il trascendente, ma invece una presenza al limite, un possibile ma reale, o una compresenza di due stati che «si sposano», dice Duchamp, dando vita a un terzo tutto da cogliere.

STRUTTURA

Immaginiamo il lavoro diviso in due parti, che suggeriscano due diverse attitudini dello sguardo. Nella prima l'occhio vorrebbe avvicinarsi, scorre lungo le figure, ricerca i dettagli del movimento, seleziona porzioni d'immagine, vorrebbe andare a vedere là dove lo sguardo ci è negato. Qui la tensione dell'azione è trattenuta, implosa e vive nel minimo dei gesti.


Nella seconda parte c'è un'apertura del campo visivo, le figure si aprono, ampliando ulteriormente le possibilità di abitare lo spazio tra il tessuto e la pelle, in un fare pratico. Il doppio significato della parola “abito”, intesa anche come verbo, aggiunge qui un'ulteriore livello di stratificazione nell' azione, che edifica un sistema di tensostrutture instabili, in fase di continua rottura. La tensione intima viene portata all'esterno, diventando piano di relazione fisica tra i corpi e lo spazio.



Surfaces, or rather places where contact takes place, possible interfaces of public intimacy, but also conceptual tools to understand the place of materiality in our present. With Aptica we try to place ourselves in the infra-thin space between skin and dress, the fabric that separates and connects at the same time, dissolving the distinction between inside and outside, in favor of a shareable and communal space. A materiality that is not about the materials but about the substance of the relationships that it hosts and of which it sediments the traces. The surface as a changing deposit of visual narratives. A materiality that is not about the materials but about the substance of the relationships that it hosts and of which it sediments the traces. The surface as a changing deposit of visual narratives.
A fundamental condition at the origin of modesty is a certain "unbalance", given by the coexistence of opposite directions, a traffic jam of impulses and a consequent oscillatory trend. The ripples of the texture of the dress hold back the inner rhythm, approaching a pause that is not motionless, in order to observe which forms, which bodies, can be generated.

STRUCTURE
We imagine the work divided into two parts, suggesting two different modes of the gaze.
In the first one the eye would like to get closer, it runs along the figures, it searches for details of the movement, it selects portions of the image. Going and seeing where the gaze is denied us. Tension is restrained, imploded, it lives in the minimum of gestures.

In the second, there is an opening of the visual field, the figures open up, take space, further expanding the possibilities of the space between fabric and skin, in a practical way, which builds a system of unstable architectures, tensile structures in the process of continuous rupture. The intimate tension is brought out, becoming a plane of physical relationship between the bodies.